Il dibattito sull’uscita o meno dall’euro ci porta inevitabilmente a considerare quali potrebbero essere i danni che deriverebbero da tale evento (diamo per scontati i vantaggi).
Tra questi ne annoveriamo sicuramente due, per i quali i nostri concittadini potrebbero essere “sotto ricatto” per probabili svalutazioni valutarie: l’autonomia agroalimentare (ormai in Italia i prodotti coltivati non sono più sufficienti per il fabbisogno nazionale!) e l’autonomia energetica.
In questo articolo mi limiterò a discutere proprio in merito all’ultimo punto.
Come si può notare nel diagramma a torta qui a sinistra, l’energia necessaria al fabbisogno annuale è importata per l’78% del totale! Questo ci porta a dipendere dal petrolio e dal metano, provenienti anche da zone instabili del mondo, per ben i 2/3 delle nostre necessità.
Ciò nonostante nel corso degli ultimi anni, a partire dal 2006 e tranne la parentesi del 2010, parallelamente al crollo della produzione industriale, il fabbisogno reale sia in continua discesa.
C’è anche da dire che, specie nel campo dell’energia elettrica, si è preferito spegnere centrali di produzione anziché ridurre l’import di energia a causa dei minori costi o anche semplicemente perché costretti da vincoli dovuti a contratti di fornitura pluriennali con l’estero (vedi accordi con EDF, rinegoziati solo da pochi mesi).
Per ben capire il flusso energetico nel nostro paese, sempre nel 2012, ultimo anno in cui è possibile ritrovare dei dati ufficiali di dettaglio, pubblichiamo qui un diagramma di Sankey relativo alle fonti energetiche in ingresso e agli utilizzi per settore in uscita.
Si rilevano immediatamente da questo diagramma, due fattori molto importanti.
Il primo, che sfata un luogo comune, è che noi utilizziamo l’energia elettrica solo per il 15% circa rispetto a tutta l’energia disponibile (considerando le perdite). E questo ci comporta una scarsa flessibilità nella scelta delle fonti.
Il secondo fattore è che anche la produzione di energia elettrica è ancora essenzialmente basata su fonti combustibili. E questo ci porta a dei rendimenti energetici molto bassi.
Anche lo spessore delle frecce nel diagramma ci evidenzia chiaramente quanto ancora insufficiente sia l’utilizzo di fonti rinnovabili (dove per fonti rinnovabili comprendiamo energia idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica). E questo ci comporta una dipendenza dei costi energetici dalle oscillazioni di mercato delle fonti fossili.
Perfino le perdite di energia elettrica in rete sono ancora troppo alte a causa dell’eccessiva concentrazione della produzione di energia elettrica in pochi e grossi impianti. E questo ci porta a scegliere di incentivare impianti per autoconsumo o di piccola taglia, distribuiti sul territorio, associati a una seria ricerca sulle “smart grid” e sull’accumulo di energia in rete pubblica.
Ma è l’ultimo diagramma a torta qui riportato che dovrebbe farci capire quali sono gli interventi prioritari su cui puntare l’accento.
Come si vede, i settori che oramai assorbono più petrolio e gas naturale, sono, nell’ordine, i trasporti e gli usi civili.
Per i trasporti ci sarebbe quindi la necessità di abbandonare i motori a combustione, passando a motori ibridi, se non elettrici, o, nel caso del trasporto merci, ritornare al trasporto su rotaia anziché su gomma.
Per gli usi civili, infine, bisognerebbe assolutamente diminuire il bisogno energetico per riscaldamento (e/o raffrescamento) e questo si può ottenere investendo in ristrutturazioni energetiche degli edifici, in impianti geotermici a bassa entalpia e in pompe di calore.
Come si vede sono bastati solo 4 grafici per avere una visione diversa del problema energetico in Italia. E stavolta non stiamo solo presentando delle utopie ambientaliste, ma dei dati reali che ci portano a soluzioni capaci anche di diminuire i costi della “bolletta” energetica… sarà per questo che in pochi ne parlano?
N.B.: Tutti i grafici qui pubblicati sono stati elaborati da dati scaricabili dal sito web del Ministero dello Sviluppo Economico, in particolare dai Bilanci Energetici Nazionali.
Parliamo di energia? Bene, cerco di darvi una mano a capire cosè l’energia.
Geotermico come nome o sappiamo pure cosa farne? Abbiamo parlato di sfruttare la
geotermia per portare calore in superficie, facciamo due calcoli assieme. Per riscaldare un appartamento
di 100mq (isolato come quelli costruiti negli ultimi 5oanni), occorrono circa 12Kwh ogni ora, che possiamo ottenere con 120mq di
pannelli solari, o con 4 generatorini eolici con diametro di 3 metri, o
1 kg di gasolio, oppure con 1,1 metro cubo di gas metano standardizzato
ovvero a pressione atmosferica, oppure con 1,4 kg di carbone e in
ultima analisi con un sistema geotermico nel quale mandiamo in
profondità sottoterra circa 350 litri ora di acqua a 40 gradi per
riprenderla a 55 (un salto termico tipico di un impianto di
riscaldamento domestico), ciò significa che per riscaldare gli
appartamenti di una palazzina con 20 appartamenti dobbiamo avere a
disposizione 7mch di acqua o liquido equivalente (quello del circuito di
raffreddamento dell’auto per capirci). Non parlo del consumo di energia
elettrica della pompa necessaria a far circolare una tale quantità di
acqua (un paio di kw più o meno che andiamo a togliere dal computo
energetico), insomma, con l’entalpia qualcosina si può fare se le
temperature che andiamo a leggere nel sottosuolo superano i 100gradi.
Per finire, fatevi un pò un quadro dei giocatori che giocano questa
partita energetica con i numeri alla mano. Spero di avervi dato una mano
a capire di cosa si parla quando si nomina il vocabolo “ENERGIA”.
Fine della conversazione in chat